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sabato 20 marzo 2021

GRAMICCI



Tempo e fatica sono basilari per farsi una reputazione nell’outdoor. Ne sa qualcosa Gramicci, che produce attrezzatura e abbigliamento da montagna dal 1982. Dietro il suo abbigliamento outdoor e lifestyle ci sono anni di esperimenti e di studio senza sosta, per trovare gli strumenti giusti con cui partire all’avventura, o semplicemente per rilassarsi nella natura.







Magliette a manica lunga, felpe hoodie, giacche e pantaloni hanno un design essenziale; gli sforzi di Gramicci si vedono nella scelta dei materiali e nella ricerca dei tessuti migliori. I colori sono tinta unita e vanno dal khaki al nero, beige, marrone e verde oliva. Le T-shirt Gramicci hanno un design molto pulito, con mini logo Gramicci stampati sul petto, ma vestibilità e durabilità di altissimo livello. I pantaloni Gramicci seguono la stessa filosofia: taglio molto semplice, colori basic e varietà di materiali, dai pantaloni in velluto a quelli in cotone, con un cinturino regolabile in vita al posto dei soliti bottoni. Per sentirsi liberi di sperimentare e godersi la natura servono i vestiti giusti; e niente trasmette più libertà dell’apparel di Gramicci.











mercoledì 17 marzo 2021

QUALI SONO LE “CATEGORIE” PIÙ INFLUENTI NEL MONDO STREETWEAR ?

 IL MONDO NBA E IL PANORAMA MUSICALE RAP/HIP-HOP SE LA GIOCANO ALLA PARI ! 

Lo testimonia l’arrivo dei giocatori NBA prima delle partite! Una vera e propria “sfilata” verso gli spogliatoi .... dove ogni giocatore viene “immortalato” con differenti outfit che uniscono lo stile street con l’alta moda.







Mente nel panorama musicale americano e italiano ci sono molti cantanti che dettano legge nel campo dello STREETWEAR !!!

Vedi i vari : TRAVIS SCOTT, TYGA, ASAP ROCKY, KANYE WEST ... passando per l’Italia con i vari SFERA EBBASTA, LA D.P.G. , GUE PEQUEGNO .. ecc ecc 


Sta entrando anche molto prepotentemente il mondo del FOOD legato alla moda ! Vedi la collaborazione tra TRAVIS SCOTT e MC DONALD’S ! 

un mix perfetto tra CIBO-MUSICA-FASHION 



Il SUSHI viene sostituito dalle varie : 

POKE BOWL - FRENCH TOAST - BUGER 


sempre parlando de PANORAMA STREETWEAR ... la figura del “BLOGGER” sta pian piano scomparendo per dare spazio a vari “settori” sopraelencati.

Resta comunque un buon “influente” nel campo dell’alta moda o per la parte più “commerciale” 


martedì 27 agosto 2019

Il Future Vintage Festival è pronto a festeggiare la sua decima edizione (nssmag.com)

Appuntamento dal 13 al 15 settembre a Padova




E' ormai un appuntamento fisso per tutti gli appassionati di moda, streetwear e arte: il Future Vintage Festival si prepara a tornare con la sua decima edizione dal 13 al 15 settembre a Padova, al Centro Altinate San Gaetano.


Saranno tre giorni di incontri, ospiti, talk, mostre, ma anche di tanta musica. La lista degli ospiti è lunghissima e abbraccia tutti gli ambiti che l'evento si propone di approfondire. C'è molta attesa per il talk dedicato all'evoluzione dello streetwear: quali sono state le collezioni più rivoluzionarie, i rebranding di maggior successo, le collaborazioni che hanno lasciato il segno. A parlarne saranno Danilo Paura, fashion designer, Maurizio Tentella, brand consultant e influencer, e nss magazine, punto di riferimento digitale dello street style. Come moderatore ci sarà invece Wad Caporosso di Radio Deejay. L'approfondimento dedicato al mondo della moda continua con il talk che vede protagonisti Michela Gattermayer, vicedirettrice di Elle, e Matteo Guarnaccia, storico del costume italiano, che esploreranno i concetti di ribellione e trasgressione nell'industria della moda.


Vittorio Sgarbi terrà una lectio magistralis sull'arte dissidente, la redazione di Freedaaffronterà temi come l'empowerment femminile e cosa significhi la parola femminismo oggi. Grande spazio sarà riservato alla musica, sia con approfondimenti ad hoc, come quello che vede protagonista il frontman dei Marlene Kuntz, Cristiano Godano, che presenterà il suo ultimo libro, o con il talk in cui gli Zen Circus ripercorrerano la loro ricchissima carriera, sia con esibizioni live di artisti come Luché, MYSS KETA, Afrikaa Bambaataa, Clap! Clap! e Dj Ralf.


articolo nssmag.com

lunedì 19 agosto 2019

The North Face - Outpump

The North Face, marchio di abbigliamento tecnico per la montagna che è sempre stato molto in voga anche al di fuori di questo ambiente. Il brand penso lo conosciate tutti, perciò abbiamo deciso di raccontarvi un po’ tutta la storia dietro il Nuptse o il Mountain Light che continuate a bramare ardentemente.
Le origini:
Ironicamente tutto ha inizio nel 1966 su una spiaggia a San Francisco, dalle menti di Douglas Tompkins e sua moglie, due appassionati di climbing che decisero di far diventare la loro passione un business, aprendo uno store di equipaggiamento tecnico. Il nome scelto è North Face, ovvero la parte più difficile da scalare di una montagnanell’emisfero boreale.
Questa prima fase dura 2 anni, nel 1968 avviene la grande trasformazione, lo store abbandona la San Francisco Bay per passare nella fervida e attivissima zona di Berkeley e diventare ufficialmente The North Face, il brand che conosciamo oggi.
Le prime sponsorizzazioni portano il brand ai confini del mondo, accompagnando spedizioni nei luoghi più reconditi del pianeta. Una tradizione ancora viva per il brand, la quale sì, è un marchio di punta nello streetwear, ma soprattutto nell’abbigliamento tecnico.
Anni ’80: Neon, Splendore e Tecnologia
Negli anni ’80 il brand crebbe in popolarità e perciò oltre all’equipaggiamento specifico per il climbing vennero aggiunte la sezione Skiing e la sezione Camping.
Proprio in questi anni nasce uno dei design più rappresentativi del brand, ovvero la Mountain Jacket, creata nel 1985, la quale rivoluziona il settore per via della tecnologia elevatissima e il design accattivante, caratterizzato da colori neon, molto in voga in quegli anni.
Nel 1988 The North Face crea l’Expedition System, top di gamma del brand in quanto a resistenza e durabilità. Scommetto sicuramente che ne abbiate visto qualcuno a cifre folli in giro per il web.
La Expedition Jacket nell’edizione Antarctica Expedition
Anni 90 – ’00: Declino e rinascita
Alla fine degli anni ’80, The North Face era l’unico brand in grado di fornire tutto l’equipaggiamento necessario agli esploratori di ogni ambiente naturale, dalle tende al vestiario.
Questa crescita esponenziale portò però il brand a fare il passo più lungo della gamba, scegliendo di gestire internamente il processo di produzione e di conseguenza mandando il sistema di distribuzione in tilt, per via della difficoltà nell’evadere gli ordini. Questo fatto, unito alla nascita di nuovi brand concorrenti, uno su tutti Patagonia portò The North Facea navigare in cattive acque  e a varie problematiche finanziarie.
Come far risorgere un brand che ha fatto della qualità il suo marchio di fabbrica? Semplice, puntando sullo streetwear. Nei primi anni 2000 The North Face iniziò la produzione di abbigliamento adatto anche all’uso quotidiano e iniziò la sua risalita. Se per gli anni 80 il modello di punta era stata la Mountain Jacket, per questa fase storica molto si deve al Nuptse, che iniziò ad essere indossato anche nel mondo dell’entertainment.

Un Nuptse 600 di circa metò anni ’90

Anni’00-oggi: Hype Climbing
The North Face ci aveva visto lungo scegliendo di buttarsi sullo streetwear, le vendite aumentarono esponenzialmente e il brand tornò a navigare in acque più tranquille, ritagliandosi la sua fetta (anche abbastanza ampia, per via appunto dell’esperienza acquisita negli anni) di mercato.
In questo periodo, il marchio non perse il treno delle collaborazioni, una delle più importanti e storiche è quella con Supreme.
La collaborazione con Supreme nacque anche grazie alla volontà di James Jebbia, il quale ha sempre cercato di fornire agli appassionati ma soprattutto agli skaters abiti adatti ad ogni occasione e condizione climatica; ecco quindi che nel 2007 vede la luce la prima collaborazione tra questi due colossi. Queste partnership consistono in una semplice, ma mai banale, rivisitazione da parte di Supreme di alcuni modelli classici di The North Facecon il tocco finale delle etichette in co-branding. Fin da subito le varie collezioni sono state apprezzate dal pubblico ed alcuni pezzi sono diventati delle vere e proprie icone e oggetti del desiderio da parte di molti.

Tra tutte le collezioni abbiamo scelto la nostra top 3:
Primavera/estate 2014: Vede la luce un vero e proprio “holy grail”, per la prima volta viene utilizzato come modello di partenza l’Expedition coach jacket con cappuccio removibile. Il più bello tra le quattro colorways uscite è senza dubbio è il “map printed“.


Autunno/inverno 2011: è la volta dei Nuptse in versione “leopard” in tre colorways, giallo (il più apprezato), verde e grigio.



Primavera/estate 2008: esce il “Summit jacket” raffigurante la  Public Library di New York a Midtown in versione day & night. Una vera “perla” che al giorno d’oggi è possibile trovare solo a prezzi stellari.

A distanza di 40 anni, The North Face riesce a smentire il famoso proverbio che dice di non tenere il piede in due scarpe, questo grazie alla perfetta sincronia tra tecnologie innovative e design molto gradevoli. E voi utilizzate il brand USA? Fateci sapere i vostri pezzi preferiti nei commenti!

venerdì 16 agosto 2019

PATAGONIA E IL DIVERSO MODO DI FARE MARKETING

Il fondatore di Patagonia

Il Wall Street Journal Magazine racconta chi è Yvon Chouinard, capo della marca di abbigliamento che invita i consumatori a non comprare i suoi prodotti




Patagonia è un famoso marchio di abbigliamento sportivo con quasi 1300 dipendenti, fondato negli anni Settanta da Yvon Chouinard. L’azienda, interamente di proprietà di Chouinard e di sua moglie, è gestita in un modo molto inusuale per una società famosa in tutto il mondo: destina parte dei suoi ricavi annuali a iniziative ambientaliste ed è stata una delle pochissime società a fare pubblicità invitando i consumatori a non comprare i propri prodotti. Queste particolarità discendono direttamente dalla personalità e dalle convinzioni del suo fondatore, a cui il Wall Street Journal Magazineha dedicato un lungo ritratto.

Patagonia è una società molto florida. Lo scorso anno ha registrato vendite per 414 milioni di dollari (320 milioni di euro) e prevede che queste aumenteranno del 30 per cento quest’anno. Nonostante questo, Chouinard non sembra il classico uomo d’affari: dimostra parecchi anni in meno della sua età, è in forma e abbronzato, anche perché in ogni occasione possibile abbandona il suo ufficio nella sede della società a Ventura, in California, per andare a fare surf.
Yvon Chouinard, che oggi ha 73 anni, è nato in Maine, negli Stati Uniti orientali, da genitori di origine franco-canadese che si trasferirono in California quando Yvon aveva sette anni. Fino a otto anni non parlava inglese, dato che la lingua usata in casa era il francese. Passò gran parte della sua infanzia andando a pesca di gamberi intorno al Los Angeles River o cacciando conigli con arco e frecce.
La sua vera passione, l’alpinismo, la scoprì quando andava alla scuola superiore. Chouinard però non era soddisfatto dell’attrezzatura disponibile negli anni Cinquanta, e cominciò a darsi da fare per costruirsela da solo. Imparò il mestiere del fabbro e comprò l’attrezzatura per lavorare il metallo. Nel corso degli anni Chouinard diventò un alpinista di fama mondiale, molto apprezzato anche per le modifiche all’equipaggiamento e agli attrezzi che produceva personalmente.
Negli anni Settanta, Chouinard importava in California maglie da rugby e pantaloni di velluto a coste, alla ricerca di prodotti e materiali resistenti da rivendere ai suoi colleghi scalatori. Patagonia, fondata nel 1972, si dette in breve tempo alla produzione della propria linea di vestiario, che si rivelò di ben maggiore successo rispetto all’attrezzatura da scalata. La svolta arrivò quando, alle sfilate di New York, le case di moda proposero anche le maglie di pile di Patagonia.
Il successo non cambiò comunque le convinzioni di Chouinard e il suo approccio inusuale per l’ambiente. In “Lasciate che i miei ragazzi vadano a fare surf”, la sua autobiografia del 2005 citata dal WSJ Magazine, ha scritto: “Volevo distanziarmi il più possibile da quei cadaveri in abito e con l’aria pallida che vedevo in aereo sulle pubblicità delle riviste”. Chouinard chiama la sua filosofia “MBA”, un gioco di parole sull’acronimo comunemente usato per Master in Business Administration e che lui interpreta invece come management by absence (“gestione in assenza”). A volte rimane lontano da Ventura per mesi, testando sul campo i prodotti della sua società mentre va a pescare o a fare scalate.
Quando è nella sede di Patagonia in California, lavora a una scrivania senza computer né cellulare – Chouinard non li usa – e promuove uno stile molto amichevole e aperto nei rapporti con i suoi dipendenti. Non ci sono orari d’ufficio e sono frequenti le “pause-surf”, anche se i dipendenti devono comunque rispettare alcuni obbiettivi e scadenze fissate in anticipo. Nella sede della società c’è una stanza per fare yoga: l’autore del ritratto di Chouinard sul WSJ Magazine dice che al momento della sua visita, a metà mattina di un martedì, il capo della sezione design dell’abbigliamento maschile era in piena meditazione.
Fin dagli anni Ottanta, Patagonia ha dato l’un per cento dei suoi ricavi a iniziative ambientaliste, per un totale di 41,5 milioni di dollari a partire dal 1985. Patagonia ha promosso il principio “1% for the Planet” anche presso altre società, riuscendo a convincerne altre 1.400 di piccole e medie dimensioni a fare lo stesso.
Un campo in cui Patagonia investe molto è quello dei materiali, cercandone di resistenti e poco dannosi per l’ambiente. Alcune giacche sono fatte interamente utilizzando plastica riciclata. Una sezione del sito di Patagonia, “The Footprint Chronicles“, ricostruisce il costo ambientale della catena produttiva della società, mentre vengono incoraggiate la riparazione e la rivendita dei prodotti rotti o usurati.
A novembre dello scorso anno, quando negli Stati Uniti c’è stata l’annuale ricorrenza del Black Friday – il giorno del consumismo sfrenato, quando i negozi hanno i prezzi più bassi dell’anno e i grandi magazzini vengono letteralmente presi d’assalto – Patagonia ha comprato una pagina intera del New York Times in cui ha messo l’immagine di una giacca e un titolone, “Non comprate questa giacca”. Sotto la scritta veniva illustrato nel dettaglio l’impatto ambientale della produzione del prodotto, in termini di acqua utilizzata ed emissioni inquinanti.
Anche società molto più grandi di Patagonia si sono interessate, dopo molti anni, al modello di gestione attento all’ambiente di Chouinard, che sicuramente ha un grande ritorno dal punto di vista dell’immagine commerciale. Walmart, che ha ricavi annuali circa 800 volte più grandi, si è unita a Patagonia nel Sustainable Apparel Coalition (“coalizione per l’abbigliamento sostenibile”), invitando anche altri giganti del settore come Levi Strauss, Nike e Adidas per una serie di iniziative e di auto-regolamentazioni che impegnino a una produzione sostenibile e rispettosa dell’ambiente.
I critici dello stile organizzativo e economico di Patagonia dicono che quei metodi non funzionerebbero mai per una società quotata in borsa o che vendesse i suoi prodotti a prezzi più accessibili.
Chouinard non sembra molto colpito dalle critiche e va dritto per la sua strada: un paio di anni fa, come racconta il Wall Street Journal, venne invitato a tenere una conferenza davanti a allevatori e commercianti del settore ittico a Vancouver. Colpito dall’ignoranza del pubblico sui temi ambientali, sulle sostanze inquinanti e sui rischi per l’ecosistema connessi alla pesca, decise di fondare una società per il commercio del salmone, Patagonia Provisions, che ha debuttato poco più di un mese fa. Il pesce è pescato nel fiume Skeena, nella British Columbia (Canada Occidentale), con metodi che la società dice ispirati a quelli delle popolazioni native americane. Chouinard ha speso finora 1,3 milioni di dollari in questa impresa, con grossi dubbi sulla possibilità di rientrare nell’investimento.

https://www.patagonia.com

domenica 11 agosto 2019

IUTER

IUTER È UN MARCHIO STREETWEAR DI ALTA QUALITÀ INTERAMENTE PROGETTATO E PRODOTTO A MILANO DAL 2002. SEBBENE I SUOI PRIMI COLLABORATORI E SOSTENITORI FOSSERO TUTTI MEMBRI ORIGINALI DELLE SOTTOCULTURE SKATE E HIP-HOP DELLA CITTÀ, L'OBIETTIVO DI IUTER È QUELLO DI ANDARE OLTRE IL SUO CONTESTO ORIGINALE RICONCILIANDO L'IRONIA , GIOCOSITÀ E NATURA SPERIMENTALE DELLE SUE RADICI ALL'ARTE E ALLA RAFFINATEZZA DELLA SARTORIA ITALIANA.

MENTRE LE ISPIRAZIONI CREATIVE DIETRO LE COLLEZIONI ARRIVANO DIRETTAMENTE DALLE STRADE DEL MONDO, DAL 2010 IUTER REALIZZA I SUOI CAPI NEL PROPRIO STABILIMENTO VICINO A MILANO, SPINGENDO UNA RICERCA E UNA SPERIMENTAZIONE SENZA SOSTA, SVILUPPATE IN COLLABORAZIONE CON ALCUNE DELLE MIGLIORI AZIENDE TESSILI LOCALI. RINOMATO PER I SUOI DISEGNI AUDACI E LA SUA PRODUZIONE PREMIUM, NEL CORSO DEGLI ANNI IUTER HA ANCHE CREATO COLLEGAMENTI IN TUTTO IL MONDO PER CREARE DIVERSI PROGETTI DI CO-BRANDING E COLLABORAZIONE CHE SPAZIANO DAL PRODOTTO ALL'ARTE, AL DESIGN E ALLA MUSICA, DA MONTEBELLUNA A TOKYO.
OGGI IUTER È UN MARCHIO CONOSCIUTO E DISTRIBUITO IN TUTTO IL MONDO, AMATO PER IL SUO DESIGN CREATIVO E LA QUALITÀ DEI SUOI CAPI, PROGETTATI E REALIZZATI IN ITALIA DAL 2002



OBEY

Frank Shepard Fairey (Charleston, 15 febbraio 1970) è un artista e illustratore statunitense. È uno dei più noti esponenti della street-art. È anche noto come OBEY.
Figlio di un medico e di un’agente immobiliare, Fairey cresce nella Carolina del Sud, compie studi artistici e nel 1988 si diploma presso l’Accademia d’arte. Nel 1989 idea e realizza l’iniziativa André the Giant Has a Posse; dissemina i muri della città con degli adesivi (stickers) che riproducono il volto del lottatore di wrestling André the Giant, gli stessi sono stati poi replicati da altri artisti in altre città. Lo stesso Fairey ha poi spiegato che non vi era nessun significato particolare nella scelta del soggetto, il senso della campagna era quello di produrre un fenomeno mediatico e di far riflettere i cittadini sul proprio rapporto con l’ambiente urbano.

The Gigant

Mr. OBEY ,così conosciuto ormai in tutto il mondo, ha voluto con questo gesto, questa performance trasmettere un forte messaggio, quello della possibilità di manovrare le persone a proprio piacimento.
Il fatto che da un gesto così banale sia sorto un così grande successo deve essere subito preso ad esame. Le persone che l’artista ha voluto così invogliare a riflettere su ciò che li circonda, hanno prima criticato il fenomeno poi accettato ed infine reso moda.
Frank Shepard nasce come writer per poi affondare pienamente i piedi nella street art. E’ molto interessante osservare come nella sua semplicità i suoi ritratti di tipo grafico siano estremamente esagerati nei contrasti forti e innaturali dei colori, negli sfondi piatti e nelle pose spesso statiche e che creano diverse sensazioni in base allo scopo del manifesto, basti guardare il progetto Giant con un viso semplice e stilizzato ma nel contempo forte e ammonitore. Diverso invece ciò che si nota nel manifesto si Obama che con viso fiero e forte chiama gli americani alla speranza.


La Sticker Art

La sticker art è di Shepard perchè cosi la considera il suo pubblico, che le attribuisce infinite sfumature di significato. Sin dai primi stickers incollati in città, l’artista si rende conto del potere dell’adesivo come strumento per diffondere un’idea. Le reazioni al suo Andrè gli insegnano che il significato viene fuori da solo. E’ stata la vita delle metropoli a spiegargli che, di fatto, non ha senso teorizzare dato che la pratica porta con sé tutti i suoi significati. Bisogna soltanto offrire al pubblico i giusti stimoli, soprattutto visivi. Ciò che conta per Shepard è l’espressione, dunque il linguaggio. La parola è una delle forme di comunicazione, percezione condivisa. L’immagine ha lo stesso potere, anzi di più. E’ universale come la musica. Il linguaggio ha cambiato il mondo una volta, la stampa lo ha trasformato di nuovo, ogni medium inventato ha apposto le sue regole, rinnegando il ruolo di specchio per farsi invece motore reale, determinante.
Le aziende dominano i singoli perché dominano i mezzi di comunicazione. E’ un fatto, Shepard ha dimostrato il contrario. I singoli possono dominare le aziende perché hanno dalla loro il “medium” della strada, di muro in muro, di sticker in sticker. Il mezzo è il messaggio? E sia. La risposta per Shepard è il muro, vero “medium” di dissenso.

OBEY-obbedire

Quella di Shepard è POPaganda e regala il potere di ideare. Non c’è persona che non conosca Shepard, è ovunque. Non impone un messaggio al suo mezzo ma impone il suo mezzo come messaggio. OBEY è cresciuto in una società che gli ha insegnato come muoversi tra le immagini, senza in fondo spiegargliene il senso. Lo ha portato ad obbedire, senza che se ne accorgesse. Poi è arrivato il Gigante, anche nel mondo di Shepard, e gli ha aperto gli occhi. Ogni adesivo, chiede al suo pubblico di obbedire. OBEY.





giovedì 8 agosto 2019

STUSSY







Stussy è stato fondato nel 1980 da Shaw Stussy, surfer californiano, ed è da molti riconosciuto come il primo brand streetwear della storia.

Shawn Stüssy partì costruendo e disegnando tavole da surf e t-shirt sulle spiagge di Laguna Beach, per trasformare la sua passione e il suo stile di vita in una maniera di guadagnarsi da vivere.

Le grafiche potenti e dissacranti, presenti su tavole e capi conobbero subito un incredibile successo, sorrette dal boom del mondo del surf che in quegli anni conosceva una crescita esponenziale di fan.
In particolare la firma, o meglio, il TAG di Shaw Stussy, che ancora oggi rappresenta un logo inconfondibile, diventa un dettaglio di riconoscimento e un segno distintivo che profuma di autenticità. 

Così il brand sbarca a New York, viene abbracciato dalla scena street e skate e si insinua nel mondo hiphop. E' la nascita di una leggenda. Il brand allarga la gamma e oggi è distribuito e venduto in tutto il mondo, riconosciuto come sinonimo di puro e vero streetwear.

LOFT CONCEPT STORE





Niente è più come ieri, le domande sono cambiate, le risposte di conseguenza. La moda non si sottrae e la proposta si moltiplica arricchendosi di idee e concetti. Il modo di fare shopping si trasforma: il negozio diventa una galleria d’arte dove si entra per acquistare ma anche per farsi conquistare dal bello che ci circonda.

Nel mondo della moda nulla è casuale, niente nasce all’improvviso, senza ricerca, senza l’audacia di un’imprenditoria che crede nel progetto e che lavora per crescere, migliorare, sempre in linea con i gusti del cliente, spesso anticipandone le richieste.


Loft, un fashion store che fin da subito mette in evidenza caratteristiche nuove, in rottura rispetto al passato. Loft diventa rapidamente un punto di riferimento per i giovani, per i quali la moda ha connotati prevalentemente legati a sport e streetwear, caratteri decisi, orientati su modelli limited.
Brand internazionali e di ricerca, sneakers all'avanguardia e accessori ....
CARHARTT WIP
STUSSY
VANS 
ADIDAS
OBEY
THE NORTH FACE
PATAGONIA
LIFE SUX
U.P.W.W.
RIPNDIP
THRASHER
CHINATOWN MARKET
OCTOPUS
HOKA
EDWIN
LEVIS
KAPPA
PUMA
HERSHEL

IUTER

BUTTER
and many moore ...... 

LOFT Piazza IV Novembre, 1
San Donà di Piave VE ITALY 
TEL. 0421 331984

U.P.W.W. NEW YORK storia di un brand






Il fotografo Alessandro Simonetti è cresciuto alla fine degli anni '70 tra Roma e una piccola città nel nord-est dell'Italia. Ha iniziato a fotografare lo stesso anno in cui ha iniziato a scrivere graffiti. Naturalmente, ha rivolto la propria attenzione alle attività e alle comunità in cui era immerso - skateboard, punk, pittura - ogni chiave per le innovazioni cataclismiche del fai-da-te che alla fine sono diventate e continuano a definire la cultura giovanile globale. Nei decenni che seguirono, Simonetti e i suoi coetanei furono testimoni della trasmutazione di queste nicchie un tempo autosufficienti in un mainstream sponsorizzato dall'azienda e fortemente mediatizzato. Durante questo periodo, ha realizzato libri, messo in scena spettacoli e lavorato con marchi della moda. Il suo primo servizio commerciale è stato per il marchio streetwear italiano degli anni '90, Broke, seguito da artisti del calibro del gigante dell'abbigliamento da lavoro Carhartt, la società di skate nativa di New York 5BORO e Zoo York. Ma Simonetti non ha mai pensato alla moda come veicolo per il suo lavoro. Sembrava più probabile che il suo lavoro fosse un veicolo per la moda, poiché la pubblicità e il marketing impararono rapidamente a dominare sia il contenuto che le caratteristiche visive dei movimenti creativi subculturali e della fotografia in stile documentario.

Una mattina d'inverno, Simonetti e io ci siamo incontrati per un tè nell'East Village e mi ha raccontato di come, con sua stessa sorpresa, sia diventato il direttore creativo del suo marchio di moda. Nel 2017, Vanni Lenci, designer e amico di Simonetti, si è imbattuto nello showroom di New York Garment District di Utility Pro: un'azienda di abbigliamento che dal 1995 produce abbigliamento da lavoro ad alta visibilità per controllori del traffico aereo, agenti di controllo del traffico e operai edili . Ispirati e incuriositi, Simonetti e Lenci hanno avviato un'estensione collaborativa di Utility Pro, chiamata U.P.W.W. (Utility Pro Work Wear) e ho iniziato a fare vestiti. Ciò è stato possibile con l'aiuto del direttore generale di U.P.P.W., Jon Joory, la "terza tappa" dell'U.P.W.W. triangolo creativo. "La sua famiglia ha creato Utility Pro per servire cantieri e reparti di sicurezza in tutti gli Stati Uniti e fa parte di una lunga tradizione nella produzione di indumenti da lavoro". Insieme hanno lanciato la loro prima collezione di prêt-à-porter entro la fine di quell'anno. Le giacche e i pantaloni al neon di U.P.W.W., costruiti con tessuti resistenti alle intemperie e decorati con strisce riflettenti, si trovano a Barneys, TOKEN, VFILES e in una selezione di boutique in Europa e Asia. La "giacca bomber reversibile in ecopelliccia e tessuto tecnico" di questo inverno è venduta a $ 440.

A un certo punto della nostra conversazione, Simonetti ha osservato che "viviamo in un momento in cui non c'è molta salsa segreta su come creare un marchio". Ho concordato. Ha spiegato che la parte più interessante della creazione di U.P.P.W. ha lavorato direttamente con la società madre, ricercando e osservando le somiglianze e le discrepanze nelle strategie e negli obiettivi di ciascuno. “Utility Pro è stato di grande aiuto sia nella logistica che come fonte di ispirazione infinita. Stiamo continuando la loro storia. ”E questa incursione nella moda è sicuramente un nuovo capitolo per Utility Pro. Prima di questa collaborazione, il loro abbigliamento non era mai stato o commercializzato per qualcosa o qualcuno al di fuori delle professioni di cui sopra. Piuttosto che "streetwear" come lo conosciamo, si tratta di "usura" letteralmente fatta per la "strada" - per i lavoratori che sono fuori e quindi devono essere protetti dagli elementi e facilmente distinguibili dai veicoli in movimento. Giubbotti, bombardieri e tute esattamente funzionali sono cambiati a malapena in oltre due decenni e presentano materiali isolanti estremamente resistenti, tasche posizionate strategicamente e 3MTM ScotchliteTM nastrati sul petto e sulle spalle per garantire che il busto umano sia chiaramente definito. L'Amministrazione per la sicurezza e la salute sul lavoro (OSHA) richiede che tutti i lavoratori di qualsiasi tipo di cantiere o di cantiere indossino indumenti riflettenti in ogni momento, producendo così una domanda fondata non sul clamore o sul valore illusorio ma sulla necessità pratica e legale.

U.P.W.W. è emerso in un momento in cui le versioni della moda delle uniformi dai colletti blu stavano spuntando sulle passerelle, come le immensamente popolari magliette Vetements x DHL dall'autunno 2015 che hanno venduto a circa $ 250. Una seconda iterazione verrà rilasciata questa primavera per più del doppio del prezzo iniziale dell'autoadesivo. Per quanto consapevole di sé, un capo di abbigliamento basato sull'uniforme di un lavoratore inevitabilmente commenta e spesso aggrava le condizioni materiali del lavoro e della classe. Naturalmente, la moda (e tutte le pratiche creative) trae ispirazione da fonti disparate, ma questa corrosione di significato affligge in particolare qualsiasi modalità di produzione creativa per cui il valore dipende dalla scarsità di produzione. Anche se sarebbe stato perfettamente possibile scattare alcune foto nello showroom di Utility Pro e schiaffeggiarle su una mood board senza ulteriori contatti, non è così che funziona Simonetti. In questo modo, U.P.W.W. si comporta meno come un marchio di moda che come una relazione: un esercizio attivo e continuo nelle collisioni contestuali e nelle tensioni che producono. In effetti, queste sono le attrizioni culturali che Simonetti ha attraversato per tutta la sua carriera: arte contro moda, contatore contro azienda. Allo stesso modo in cui fotografi come Simonetti hanno mirato a documentare e trasmettere sottoculture senza comprometterne l'essenza, rimuovendo i loro contesti o distorcendo le loro storie, U.P.W.W. ci spinge a chiederci come la moda potrebbe interagire con il suo materiale di origine in un modo che sia vantaggioso per entrambi.

martedì 6 agosto 2019

La collezione FW19 di Carhartt WIP

La collezione FW19 di Carhartt WIP

Classici rielaborati ispirati all’abbigliamento sportivo e al food militare


Carhartt WIP è tornato, pronto a presentare una delle sue collezioni più variegate.
La proposta per la stagione FW19 include alcuni dei suoi capi più rappresentativi, rielaborati con dettagli ispirati all’abbigliamento sportivo e al mood militare e decorati con motivi classici come check, animalier, pied-de-poule e stampa mimetica. Così l’iconico Michigan Chore Coat e la giacca Detroit sono stati realizzati con un nuovo materiale, il Dearborn Canvas, che regala al cotone un effetto patinato e invecchiato; la Dexter jacket e il pullover in pile Prentice presentano colori audaci e tessuti tecnici ispirati alle giacche da alpinismo. Se i sommozzatori e i sub sono il punto di partenza per i tessuti tecnici idrorepellenti dei nuovi piumini, i riferimenti per il nuovo Norvell Pant in una lana dogtooth sono l'après-ski, i Paninari e i casual
Nonostante il mix di ispirazioni nostalgiche filtrate attraverso una lente moderna, lo stile Carhartt WIP resta inconfondibile così come la sua estetica senza tempo che affonda le radici nel workwear